12 ottobre 2010

UNA PROPOSTA CHE PUÒ CAMBIARE MILANO


 

 

La proposta avanzata dal direttore del centro islamico di via Jenner, Shaari Abdelhamid, di presentare una lista d’iniziativa degli immigrati, alle prossime elezioni comunali, merita non solo di essere condivisa, ma anche sostenuta con decisione. Sono molti i motivi a favore di questa idea, che ha il merito di rompere con una situazione che relega gli immigrati perennemente ai margini della vita della città.

1. Innanzitutto sono ben pochi oggi gli immigrati che, pur avendo i requisiti richiesti dalla legge, fanno uso del diritto di voto. Si sentono lontani dalle vicende politiche italiane e nulla è stato fatto per superare questo distacco. Si era parlato di dare loro la possibilità di voto amministrativo, tema su cui si era pronunciata l’Europa, ma poi le cose sono rimaste ferme come sempre. Dunque un’azione che venga a rompere questo stato di cose, tanto arretrato quanto deprimente, rappresenta un atto politico innovativo, destinato finalmente a smuovere le acque.

2. In secondo luogo una lista elettorale che abbia come protagonisti gli immigrati, significa un fondamentale passaggio degli immigrati da oggetti a soggetti attivi della propria vita e del proprio destino. Nel linguaggio quotidiano gli immigrati sono considerati o dei bisognosi o delle persone a rischio, se non pericolose. E’ abituale discutere di loro e decidere misure nei loro confronti, senza mai considerarli come reali interlocutori: conquistare la rappresentanza politica significa riconoscerli come soggetti rappresentativi con cui confrontarsi. Questo cambia radicalmente la loro condizione, non solo simbolicamente.

3. Fra i diversi argomenti a sostegno, uno poi mi sembra tanto evidente quanto attuale. Milano non sta organizzando l’EXPO’, l’Esposizione Universale del 2015, manifestazione enorme per la quale sono attesi milioni di visitatori stranieri? E mentre la città si propone come luogo d’incontro mondiale è possibile che una popolazione come quella degli immigrati che ammonta al 15% degli abitanti non abbia una partecipazione effettiva alla vita cittadina? Perché dunque, in occasione dell’EXPO’, non dimostrare che la nostra apertura alla mondialità non costituisce un fatto occasionale, ma al contrario è un carattere stabile delle nostre istituzioni, a partire dal Consiglio Comunale?

4. Un quarto argomento a sostegno deriva dai temi che gli immigrati propongono, problemi che ogni democratico e tanto più una forza di centro sinistra dovrebbe far propri. Si tratta di richieste di civiltà: diritto ad avere propri luoghi di culto, diritto al rispetto, diritto al riconoscimento della propria diversità, diritto di cittadinanza. Come non vedere che l’era che si è aperta ha portato all’unificazione del mondo e che il compito della politica è far sì che accanto all’unificazione dei commerci, delle monete e delle comunicazioni, avanzi anche il processo di relazioni tra gli uomini, per non avere uno sviluppo atrofizzato e squilibrato.

Quella da condividere con gli immigrati è una grande battaglia per una convivenza pacifica e fruttuosa a beneficio di entrambi.

5. Da ultimo la proposta va considerata anche su un piano molto più pratico, quello di carattere elettorale. Se una lista indipendente conquista voti, ciò significa che il candidato di centrodestra avrà maggiori difficoltà a raggiungere e superare il 50% dei voti richiesti per essere eletti al primo turno, ciò che è avvenuto nelle ultime occasioni elettorali. E naturalmente nel secondo turno aumenterebbero le probabilità di riuscita per il candidato di centrosinistra. Penso dunque che la lista proposta dagli immigrati possa costituire una delle cose più nuove delle prossime elezioni e una grande occasione di cambiamento per Milano. Parlo di lista proposta dagli immigrati e non di lista d’immigrati, perché riterrei che non solo la lista deve essere aperta agli immigrati di tutte le nazioni, ma anche che dovrebbe prevedere un certo numero di candidati italiani – candidati di sostegno, pertanto da inserire negli ultimi posti – per dimostrare che non di una lista “separatista” si tratta, ma esattamente del contrario, di una lista per una convivenza fra tutti più matura e più giusta.

 

Sandro Antoniazzi



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