28 settembre 2010

LE SPESE FOLLI DEL RADIOBUS, E ALCUNI PENSIERINI DI CONTORNO.


 

Il servizio “bus a chiamata” (Radiobus) dell’ATM accompagna i passeggeri nelle ore serali, in cui esistono problemi di frequenza e di sicurezza sui servizi ordinari, con modalità simili a quelle di un taxi, e costa 2€ a viaggio. E’ un’idea bellissima, che è in funzione da almeno 5 anni ma forse di più. Sono usciti recentemente i conti consuntivi del servizio. A fronte di circa 2.500 passeggeri serviti al mese, sembra esserci un deficit annuo di 4 milioni di €. Il che corrisponde a circa 130€ a passeggero trasportato (se invece si considerano tutti i costi di produzione, e non solo il deficit, l’importo a passeggero è ancora maggiore, ovviamente). Questo costo non è solo molto superiore a quello di un servizio taxi o di una Mercedes di autonoleggio individuale, ma, come ordine di grandezza, a quello di una limousine “tipo nozze” (Cadillac o Rolls-Royce), con autista in livrea, a disposizione tutta la sera.

Si rimane come fulminati. Ma nessuno si era accorto di nulla? Il management in blocco non dovrebbe dimettersi? Il sindacato non sapeva? Almeno il dirigente responsabile è stato immediatamente licenziato?    Si tratta di soldi nostri, non del comune o dell’ATM, che palesemente non si ritengono responsabili di nulla. Dove sta il nocciolo della questione di questo (e altri) sprechi folli? Gli economisti dicono: nella “finanza derivata”. Proviamo a spiegarci meglio. E’ una regola universale: si tende a sprecare i soldi degli altri, non i propri. Meglio ancora se gli altri non possono o non vogliono protestare.    

L’ATM è finanziata dalla regione (che a sua volta prende i soldi dallo stato, e infatti si lamenta che dovrà tagliare i servizi di trasporto…). Solo una piccola quota viene dal comune, mentre gli utenti pagano circa il 40% dei costi, ma solo di quelli di gestione. Quelli di investimento sono in larghissima parte ancora a carico dello stato centrale (e una metropolitana costa molte centinaia di milioni di Euro). Ora, se, a parità di tariffe, i soldi per ripianare il deficit (quel 60% mancante), provenissero dalle tasse dei milanesi, il controllo sull’efficienza di ATM sarebbe molto più stringente. Il sindaco avrebbe molta paura di perdere il consenso, e le altre lobby contribuirebbero a protestare per una gestione inefficiente, che toglie quattrini a loro.    

Si può giustamente osservare: ma i milanesi pagano già moltissime tasse, i finanziamenti da Roma o dalla regione sono una restituzione, e anche parziale, di quei soldi. E infatti si tratta di un’assurda “partita di giro”, che genera irresponsabilità e inefficienza. Occorre copiare un po’ gli americani: si vuole ridurre le tariffe del trasporto? Occorre alzare una tassa locale, se no il budget cittadino salta. Si vuole costruire una costosissima nuova metropolitana? Stessa storia, e in più forse quelli che vogliono un nuovo parco o case popolari (giustamente) protesterebbero, argomentando le loro ragioni in un vivace dibattito democratico.     Anche la trasparenza dei conti ne avrebbe grandi vantaggi. Inoltre, in tutti i passaggi di soldi dalla periferia al centro e di nuovo alla periferia i costi burocratici (“costi di transazione”) sono alti, e i rischi d’interferenze politiche improprie altrettanto alti.     

Ne segue un messaggio leghista in favore dell’autonomia fiscale? In questo caso, e con i debiti “distinguo”, sì. Ma le azioni dello stato centrale in senso perequativo tra aree ricche e aree povere devono rimanere solide, come devono rimanere solide le tutele dei gruppi più deboli. Non vorremmo che un nuovo Radiobus, pagato direttamente dalle tasse dei milanesi, avesse un domani una bella distinzione di posti tra “Whites only” e “Colored”.

 

Marco Ponti



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