21 settembre 2010

DECALOGO PER IL FUTURO SINDACO


 

Una premessa: i problemi del traffico sono gravi nelle città dense di tutto il mondo, e parzialmente irrisolvibili, perché un’automobile è meglio di un autobus, e tutti preferirebbero andare in automobile e trovar facilmente parcheggio. Da qui lo squilibrio “strutturale” tra domanda e offerta.

Ciò detto, proviamo un’eroica semplificazione, che parte dall’assunto che è meglio per tutti se, rispetto a oggi, ci sono meno auto, meno inquinamento, e migliori trasporti collettivi (una banalità nelle aree dense come il comune di Milano…diverse le politiche per aree meno dense).

1. Non occorre estendere l’ecopass, meglio un “park-pricing” mirato e generalizzato.     

L’ecopass è stata un’iniziativa non sbagliata in linea di principio, ma limitata nello spazio (come se solo il centro fosse un problema), destinata a perdere di efficacia nel tempo, e per la quale c’erano alternative più semplici e più eque.     

L’alternativa è banalissima: far rispettare i divieti di sosta che ci sono già, ed estendere le soste a pagamento. Attualmente un quarto delle auto sono stabilmente in soste vietata, e gran parte di queste viene da fuori Milano. Le soste in seconda fila sono la norma. I parcheggi a pagamento pochissimi. Questi provvedimenti da soli avrebbero gli stessi effetti di estendere l'”ecopass”, e in più darebbero l’importantissimo segnale che le norme non sono solo per i fessi. L’uso dei trasporti collettivi aumenterebbe.

2. Si può obiettare: non ci sono soldi, come si fa ad aumentare i trasporti collettivi? La risposta è semplice: sussidiare chi ha davvero bisogno, non i ricchi. Perchè sussidiare studenti e pensionati ricchi? A Milano sono molti. Se i soldi sono scarsi, gli automobilisti difficilmente prendono i trasporti pubblici a motivo delle basse tariffe, occorre differenziarle in base al reddito, dando abbonamento gratuiti o super-scontati solo alle categorie che ne hanno davvero bisogno (a Milano ci sono tariffe tra le più basse d’Europa). In questo modo si generano risorse o per più trasporti o per un maggior numero di abbonamenti gratuiti. Non si può dimenticare che gli operai dell’hinterland, che viaggiano in macchina, sussidiano con le tasse sulla benzina gli impiegati che lavorano nel centro di Milano, che possono usare un’ampia rete di trasporti pubblici iper-sussidiati.

3. Proteggere gli utenti, non i monopoli, per abbassare costi e tariffe e dare più trasporti (SEA, ATM, Taxi, FS/Nord, MM). Questo non vuol dire affatto privatizzare, ma mettere in gara i servizi e le gestioni.    

La giunta “liberale” di Milano non si è mai sognata di farlo. Il bando della gara per affidare i servizi di ATM è stata scritta, senza vergogna alcuna, in modo che si presentasse un concorrente solo, ATM. Si potrebbe risparmiare un sacco di preziosi soldi pubblici. Abbiamo, insieme alle tariffe più basse, i costi di produzione del servizio tra i più alti d’Europa. Cioè si è massimizzato il deficit, e poi si piange che non ci sono soldi. Considerazioni del tutto analoghe valgono per le altre realtà citate, ma qui non c’è spazio per entrare in dettagli.

4. Ottimizzare l’uso dello scarso spazio stradale: arredo urbano, sosta delineata, piste ciclabili, pedonalizzazioni.    

Questa è forse la più importante e la meno nota delle strategie da raccomandare: per i problemi del traffico, la soluzione è spesso nei dettagli. Per esempio, una rigorosa delimitazione delle corsie di marcia con la segnaletica orizzontale (= un po’ di vernice bianca), può aumentare di molto la capacità della rete esistente. Questa capacità infatti dipende in buona misura dal numero di veicoli che riescono a defluire a ogni ciclo semaforico: se ai semafori sono allineati in doppia corsia, ne defluiscono il doppio che se non sono in un’unica fila. A sua volta, queste condizioni sono ottenibili solo con l’abbinamento di una precisa segnaletica orizzontale e sanzioni credibili e rigorose per che non la osserva (basta con “Milano capitale europea della sosta in doppia fila”, come l’ha definita l’Economist). Analoghe osservazioni valgono per molte simili “soluzioni di dettaglio”, riguardanti le aree di sosta ecc. Anche qui, non c’è spazio per entrare in merito ad ogni singolo provvedimento possibile, ma valga per tutti la frase di Mies Van der Roe: “Il diavolo è nei dettagli”, anche in termini di immagine di una città moderna ed ordinata: meglio Stoccolma che il Cairo (con tutto il rispetto per quest’ultima….).

5. Corsie riservate più efficaci. Le corsie riservate ai soli taxi e mezzi pubblici sono un atroce spreco di una risorsa scarsissima: lo spazio viario urbano. Oggi vediamo automobili in coda, che emettono molti veleni con una marcia “stop and go”, a fianco di corsie deserte, dove passano dieci veicoli all’ora. Occorre intensificarne l’uso, e solo allora si potrà estenderle. L’uso è estendibile a veicoli a basso o nullo impatto ambientale, a veicoli con tre o più parsone a bordo, ad anche a veicoli a pagamento (il “telepass” è una tecnologia del tutto matura). “Pagando s’intende”, chi ha fretta deve poter correre, finanziando con i ricavi il trasporto collettivo.

6. Più tecnologie che cemento: targa elettronica, punti di rifornimento per veicoli elettrici, pneumatici e asfalti che emettono meno particolati.     La tecnologia costa molto meno del cemento, è più flessibile, e genera maggiori ricadute industriali. Nei trasporti è un’alternativa rilevante alle “grandi opere”. Per i trasporti urbani, c’è solo l’imbarazzo della scelta: targhe elettroniche distribuite gratuitamente (costano ormai meno di un Euro l’una…), che consentano di dialogare con gli automobilisti (informazioni ecc.), e di rilevare “in automatico” le infrazioni e il traffico. Prese ai distributori per rifornire veicoli elettrici o ibridi, o scorte di batterie da sostituire (in accordo con l’industria automobilistica). Meccanismi d’incentivazione di tecnologie che abbattano le emissioni di particolato “da rotolamento” (pneumatici e asfalti).

7. Metropolitane: solo in relazione allo sviluppo urbano, e con soldi non predefiniti da Roma. Le metropolitane costano carissime, e non ha senso che si dipenda da regali romani (politicamente connotati). A parità di spesa, l’amministrazione milanese deve poter scegliere liberamente tecnologie e priorità. Per giustificare una metropolitana nuova, occorre inoltre che il traffico previsto sia davvero grandissimo, è ciò è possibile solo con insediamenti molto massicci di residenze o funzioni attrattive sulla linea. Sono scelte quindi strettamente connesse al piano di sviluppo della città.

8. Occuparsi anche di strade: metà dei milanesi continuerà ad andare in macchina. Per quanto possa avere successo una politica di incremento dell’uso dei mezzi pubblici, una metà dei milanesi (contando anche i pendolari in uscita, che devono usare la macchina) continuerà a doversi servire dei mezzi privati. Le auto che si muovono “a singhiozzo” (“stop and go”) generano il massimo di inquinamento, a parte la perdita di preziosissimo tempo. Occorre quindi anche migliorare la viabilità, anche per svincolare o servire i mezzi pubblici di superficie, ma certo non solo per quello.

9. Numeri trasparenti, soldi in chiaro, e risultati misurabili.    

I progetti devono essere valutati da soggetti terzi, con metodi omogenei che li rendano confrontabili, e discussi con i cittadini sulla base di quei numeri. Anche la dimensione sociale della mobilità deve essere basata su numeri: chi sussidia chi (spesso i poveri sussidiano i ricchi…), chi si muove, e come si muove, ecc. Analisi ex-post di progetti e politiche, anche queste fatte da soggetti terzi. Lo scandalo del bus ATM a chiamata, in servizio da quasi un decennio, che è costato ai milanesi 130€ per ogni passeggero trasportato, senza che nessuno fiatasse, non deve ripetersi. Basta chiedere all’oste se il vino è buono.

10. Una visione non solo “milanocentrica”.    

Milano genera e attrae moltissimo traffico, con tutti i modi di trasporto. Arroccarsi alla difesa di chi vota a Milano, pur comprensibile, sembra un atteggiamento poco lungimirante. Quindi occorre dialogare con gli altri livelli amministrativi e le altre realtà geografiche per integrare per quanto possibile le politiche.

 

Marco Ponti



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