28 giugno 2010

SALVIAMO IL SOLDATO MAJORINO


 

Caro Luca Beltrami Gadola, credo che nel confronto con Majorino il tuo giudizio sia eccessivamente severo e anche, fondamentalmente, sfasato. Intendiamoci, il tuo argomentare è tecnicamente impeccabile e, se vuoi, anche troppo tenero nei confronti dell’urbanistica ‘di sinistra’: credo che, senza andar troppo lontano, il campionario dei comuni della Provincia di Milano sia sufficiente a descrivere la contiguità tra amministrazioni di centrosinistra e cemento. E non è solo un dato ‘storico’, ma ancora presente: vogliamo parlare dei PII di Rozzano, o delle previsioni insediative di Cinisello, o ancora dei progetti sulle aree Falck di Sesto?

E se spingiamo lo sguardo un po’ più in là, le regioni ‘rosse’ sono certo un modello sotto il profilo delle politiche sociali e dell’animazione culturale, ma il nostro recente rapporto sui consumi di suolo non fa sconti all’alluvione di cemento che si è abbattuta in Emilia Romagna nell’ultimo ventennio. Fin qui, nulla di nuovo sotto il sole, il cemento ha lo stesso colore, a destra e a sinistra. Se poi vogliamo parlare del PGT di Milano, possiamo scambiarci un sacco di argomenti su cui di sicuro saremo d’accordo, e leveremo alto il nostro sdegno, a partire dal tema dei diritti volumetrici sui terreni agricoli del parco sud.

Ma invece il tema qui è diverso, e attiene alla condotta politica dell’opposizione nei riguardi di uno strumento di governo che, certo, non è il ‘mio’ né il ‘tuo’ piano, ma il piano di chi governa la città perchè ha i numeri per farlo. Personalmente ho trovato molto qualificante il ruolo e il metodo dell’opposizione, e questa mi pare una novità che andrebbe riconosciuta e non mortificata nel perenne inseguimento di una vocazione minoritaria e autopunitrice del centrosinistra.

Certo, il piano nasce da un’idea di città che possiamo e dobbiamo non condividere, ma quanto abbiamo visto avvenire a Milano nell’ultimo decennio mi fa dire che il PGT può anche non essere un buon piano, può anche essere troppo piegato agli interessi del cemento (sai che novità…), ma penso che il peggio è sotto i nostri occhi, in una Milano senza piano, che di certo non è evoluta spontaneamente verso un disegno di ‘città ideale’, ma viceversa vi abbiamo visto nascere quartieri privi di legami con il tessuto urbano o maturare ‘diritti’ edificatori nel Parco Sud senza alcun criterio e senza regole, come nel caso assolutamente bipartisan, ma non per questo meno grave, del CERBA di Veronesi-Ligresti.

Io ho visto un’opposizione calarsi nel piano, nello studio delle sue contraddizioni ma anche dei temi potenzialmente qualificanti, a partire da quello slogan, ‘densificazione’, che può voler dire tutto e il suo contrario, ma che in sé non è inappropriato in una città che si è vista svuotare dall’interno di abitanti, famiglie, commercio, relazioni e servizi di prossimità. Si può ‘densificare’ una comunità, e continuare la millenaria sfida su cui è nata e sorta nel mondo l’idea di città in rapporto al territorio, oppure si può densificare solo il cemento, e continuare nell’affastellamento di volumi e rendite, come si è fatto a Milano negli ultimi decenni, in modo forse non troppo diverso (solo più disordinato) rispetto al resto del mondo, ove si è alimentata la bolla speculativa e immobiliare fino alla sua recente esplosione.

Si può puntare sulla dimensione della città pubblica come spazio che dà senso al vivere urbano, che crea occasioni di aggregazione e di mercato, oppure costruire spazi pubblici intesi solo come corsie di circolazione e sosta, sopra e sottoterra, per un traffico automobilistico in continua espansione, vero e proprio cancro dei deserti urbani contemporanei. Io ho visto un’opposizione condurre una battaglia che non mi è sembrata lo strepitio ideologico a cui troppe volte, a inizio legislatura, ho assistito (sull’occasione sprecata di ecopass, ad esempio) bensì un dialogo con toni anche duri ma orientato a un obiettivo. Ho visto che questo stile di lotta politica, per una volta, ha ottenuto dei risultati: certo molto parziali e non in grado di modificare il giudizio complessivo sul PGT, ma avanzamenti oggettivi e misurabili.

Ho visto un atteggiamento responsabile, pur nella consapevolezza che se il PGT sarà approvato, sarà comunque un risultato che avvantaggerà la parte politica avversa, forse l’unico risultato che questa scalcinata maggioranza potrà vantare di aver raggiunto. Ma in questo modo l’opposizione (ma anche la maggioranza che ha rinunciato a porre veti e ha accettato di trattare), si è guadagnata un pezzo di fiducia e di credibilità, che mi fa sperare di poter andare alle urne respirando a pieni polmoni e non turandomi il naso come ho fatto ripetutamente negli ultimi anni.

E, aggiungo, l’apertura di uno scontro costruttivo sul PGT apre lo spazio praticabile da chi fa politica fuori dai palazzi, nella società, con le associazioni e le presenze che animano i quartieri. Vorrei tanto che la voce della città avesse modo non solo di farsi sentire, ma anche di essere ascoltata, che la fase delle osservazioni che si aprirà dopo l’adozione del piano non venisse ridotta a un inutile e faticoso rituale, ma che trovasse il modo – nello spazio della politica apertosi tra chi governa e chi fa opposizione – di incidere e far pesare l’idea di una città più densa, di vita, di scambio sociale, di accesso alle opportunità che Milano deve saper offrire.

Questo dipenderà molto dalla qualità del confronto tra maggioranza e opposizione: se sarà uno scontro muscolare al di fuori del merito delle questioni, come mi sembra che tu auspichi parlando di un PGT ‘non emendabile’, allora per la società civile non ci sarà modo di incidere, e davvero potremo solo sperare che il PGT non venga approvato e prepararci a stringere i denti per aspettare un altro quinquennio di urbanistica milanese senza regole.

Per questo mi spiace, ma questa volta non ti seguo: preferisco lavorare per un obiettivo più qualificante, per portare un’idea di città al tavolo di un PGT emendabile, fino all’ultima osservazione.

 

Damiano Di Simine

 

Caro Di Simine, quello che ho cercato di dire in tante occasioni, è che ho i miei forti dubbi che partendo da una mucca a furia di emendamenti si arrivi ad avere un cavallo. Ma una domanda mi pongo: cosa succederà quando arriveremo al fatidico consiglio comunale che dovrà sancire l’approvazione del PGT? L’opposizione voterà contro? Nonostante gli emendamenti che ha ottenuto?

Per finire non amo affatto gli scontri muscolari e non è detto che se si dovesse andare avanti con i vecchi strumenti urbanistici le cose andrebbero peggio che con questi nuovi. Comunque aspettiamo il testo definitivo, quello che il consiglio approverà sapendo che c’è ancora l’occasione delle osservazioni.

 

L.B.G.



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