14 giugno 2010

ELEZIONI A MILANO E DIRITTO DI CITTADINANZA METROPOLITANA


 

Ci risiamo. Ricalcando un copione consolidato (se non sbaglio siamo alla quinta replica) è iniziata la sacra rappresentazione della ricerca del Santo Taumaturgo che, con o senza “primarie”, si candidi a compiere il miracolo di offrire un’alternativa di governo alla città di Milano. Dunque “coazione a ripetere” e riproduzione di una impasse quasi ventennale da cui è difficile uscire se non sperimentando una “idea laterale”, provando a sparigliare le carte di un gioco divenuto scontato e noioso (nonché perdente). Inoltre anche il tema del programma che dovrebbe supportare il candidato appare un’arma spuntata dopo l’abbraccio sul principale argomento programmatico, il PGT, con cui si chiude l’attuale legislatura.

Proviamo allora a candidare un’idea che riesca a fare la differenza, un’idea-forza che riguardi direttamente i diritti di cittadinanza a partire dal fondamentale: il diritto di voto. Si tratta di ricomporre la “città reale” con la “città legale”, responsabilizzare e impegnare insieme alla pur essenziale quota dei residenti anagrafici l’altra eccezionale porzione di abitatori di fatto della città. Sotto questo profilo occorre riconoscere e correggere una doppia anomalia che coinvolge persone in carne ed ossa che ogni giorno convivono, studiano, producono, sprecano insieme ma sono giuridicamente separati e privati ciascuno di una metà della propria funzione di elettorato attivo. Da un lato i “milanesi di notte” in particolare delle periferie (circa un milione) deprivati del diritto di eleggere un Sindaco prossimo e raggiungibile dai cittadini, cui sottoporre i problemi anche minuti ma molteplici inerenti la vivibilità dei quartieri e i servizi alla persona. Dall’altro i “milanesi di giorno” (circa un altro milione) deprivati della possibilità di influire sulle scelte di ampia portata in materia di mobilità, ambiente, grandi infrastrutture, cultura e innovazione. Gli uni e gli altri sono poi chiamati a eleggere, questa volta con uguale peso del voto, gli organi di una Provincia debole e quasi inutile. In conclusione tutti i cittadini dispongono di un voto dimezzato sulle cose che contano, e un voto pieno su quelle che non contano (da un lato “una testa, mezzo voto”, dall’altro un “voto fuori di testa”!).

Rovesciare quest’anomalia, riconoscere un uguale diritto di “cittadinanza metropolitana” può invece essere fondamento e consenso per un profondo ma necessario riordino istituzionale che comporti l’abolizione delle province che insistono nell’area metropolitana nonché di un capoluogo elefantiaco, da decentrarsi in Municipalità finalmente vere, dedicate alla gestione e partecipazione delle periferie, analogamente ai comuni dell’hinterland. La Città Metropolitana potrebbe allora uscire dal limbo della “ingegneria istituzionale” per riconciliare Milano col proprio sistema socio-economico-territoriale effettuale, ed esercitare poche ma decisive funzioni di governo strategico dell’area centrale della Lombardia.

Non sappiamo infatti come sarebbero oggi Milano e dintorni se, a vent’anni esatti dalla sua promulgazione, la legge n. 142 del 12 giugno 1990 fosse stata attuata nelle sue parti qualificanti; conosciamo però i risultati della sua disapplicazione (nonché delle successive analoghe che si sono susseguite col ritmo delle grida manzoniane, dalle “Bassanini” al Titolo V° della Costituzione, ecc.): perdita di qualità ambientale, di competitività, di ruolo e peso politico. Infine si può obiettare che le elezioni incombono e comunque bisogna trovare un candidato nei tempi ristretti del prossimo autunno. Poiché mi pare che il metodo delle primarie sia stato riconfermato solennemente provo allora a rifare tal quale una proposta già avanzata in occasione delle precedenti del 2006 (ovviamente bocciata dalla allora competente commissione partitizia-prefettizia) che potrebbe però ora creare un “valore aggiunto”, forse decisivo, all’indispensabile mobilitazione elettorale:

“Visto il regolamento per l’elezione “primaria” del candidato Sindaco di Milano e al fine di non escluderne dalla partecipazione i numerosi cittadini metropolitani che frequentano quotidianamente la città per lavoro e studio, che condividono in gran parte le attività economiche, sociali e culturali nonché le condizioni di ambiente, servizi e qualità di vita; ma che sono tuttavia privi del diritto di voto amministrativo per mera ripartizione burocratica della residenza anagrafica, si propongono i seguenti emendamenti aggiuntivi:

1) Sono istituiti, nei principali centri della Provincia e nei capoluoghi delle Province limitrofe, appositi seggi dedicati ai cittadini “pendolari”, corrispondenti a predeterminata suddivisione territoriale.

2) Hanno diritto al voto tutti coloro che – oltre a rispondere ai restanti requisiti regolamentari – esibiscono un documento di abbonamento mensile o annuale al trasporto pubblico (ATM, FNM, Trenitalia, linee in concessione), nominativo e valido, avente destinazione la fascia urbana di Milano.”

 

Valentino Ballabio

 


 



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