8 giugno 2010

L’IMPORTANZA DELL’ARREDO URBANO


L’arredo urbano è passato di moda? Se pensiamo agli anni Novanta, era tutto un fiorire d’idee, progetti e concorsi per gli spazi pubblici: aree pedonali e piazze messe a nuovo, lotta al degrado e arredi di design, città illuminate perché splendenti con i nuovi piani della luce e illuminate perché le città europee alla fine del secolo scorso individuarono nell’identità territoriale ma anche nella creatività e nell’innovazione la risposta strategica alla globalizzazione dei mercati. Con l’arrivo dei sindaci eletti direttamente, anche in Italia ci si guardò intorno scoprendo che le nostre strade erano sporche, disordinate, ingombre di macchine, di oggetti fatiscenti e di elementi inutili.

Si sentì la necessità di porre rimedio elaborando linee di azione che in generale possiamo riassumere come: togliere il degrado, dare senso e qualità ai luoghi con nuove pavimentazioni, monumenti e fontane, ridurre l’auto privata nel centro, incentivare i mezzi pubblici, costruire le metropolitane, fare una politica restrittiva della sosta in superficie e recuperare parcheggi interrati, aumentare lo spazio pedonale, ciclabile e il verde. Su questi temi si è lavorato e si lavora tutt’ora con alterni risultati, ma ormai soprattutto nelle tematiche degli spazi pubblici, si nota una stanchezza di cui non è facile cogliere le cause, sicuramente molteplici.

Torniamo alla domanda iniziale. L’arredo urbano è passato di moda? Nuovi progetti non se ne vedono, design in città neppure, si ripetono pigramente le stesse cose. Certo se confrontiamo Milano dei nostri giorni con una serie di fotografie quindici anni fa, vediamo che la città è molto migliorata, sono state create aree pedonali e tolti migliaia di elementi degradati di cui ormai abbiamo perso il ricordo, tante cose sono state sistemate. Questo grosso lavoro è stato fatto, però negli anni scorsi con le giunte passate e ormai da qualche anno è tutto fermo. Come mai? La crisi ha distrutto le ultime velleità innovative? In realtà caos, degrado e arretratezza si ricreano a grande velocità e per combatterli occorrono fondi e finanziamenti ma sopratutto indicazioni chiare, strutture forti, molte capacità tecniche e competenze.

Alla base c’è un grosso problema organizzativo dell’amministrazione comunale. Faccio un esempio sempre tornando con la memoria agli anni Novanta. Si era capito in quel periodo (la giunta Formentini con l’assessore Sant’Ambrogio e la prima giunta Albertini con gli assessori Del Debbio e Lupi) che per portare avanti gli obbiettivi occorreva organizzare il Settore Arredo Urbano come uno studio professionale integrato, con indicazioni precise e la guida della Direzione Centrale: architetti interni ed esterni, disegnatori, tecnici, geometri, segreteria e ufficio amministrativo, stagisti (i primi) e anche due operai, tutti sotto lo stesso tetto, si lavorava insieme a gomito a gomito con responsabilità ben definite, rapide discussioni per elaborare strategie d’azione, qualche lite e qualche errore, molta collaborazione e desiderio di fare vedere che, anche se in pochi, si poteva dare una mano per mettere a posto la città.

In breve si affrontarono tutti i temi della qualità urbana e si portarono a buon fine dodici piazze, piani di riordino operativi, piano della pietra, revisione degli arredi, regolamento di occupazione del suolo pubblico, restauri di vari monumenti e varie altre attività; persino le fontane funzionavano bene per merito di un piccolo gruppo apposito di manutenzione. Oggi non ci sono più quei finanziamenti ma quell’efficienza non sarebbe potuta esistere senza una direzione efficace e un’organizzazione integrata che generava capacità di intervento e amor proprio. Già con la giunta Albertini2 lo staff dell’arredo urbano aveva iniziato a disgregarsi perdendo qualità e cultura, ma la botta finale è venuta dall’aver scorporato le funzioni, com’è stato fatto dall’attuale giunta, separando i ruoli, scorporando i progettisti, i tecnici, gli esecutivi, gli amministrativi e togliendo la specificità del settore, ovvero la cura e la qualità delle aree pavimentate. In questo modo si sono distrutti i gruppi di lavoro, rese tutte le procedure farraginose e i rapporti umani impossibili.

La città è una grande macchina complessa che si muove velocemente, la prima regola per la qualità urbana si fonda sulla capacità di far funzionare con molto tecnicismo, esperienza professionale e anche passione l’organizzazione che la regge. L’arredo Urbano è solo una piccola parte dei problemi della città ma non può esistere senza una struttura specifica che se ne occupi, organizzata, funzionante e coesa. Recentemente abbiamo letto sui giornali un progetto ambizioso con nuove piazze e nuovi monumenti, ottime cose, ma non sarà certo una commissione di “filosofia urbana” com’è stata recentemente creata, priva di braccio operativo che riuscirà a invertire la situazione.

 

Giovanna Franco Repellini



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