19 aprile 2010

25 APRILE E IL CARRO DEL PADRONE


Da un po’ di tempo le anime belle di destra e purtroppo anche di sinistra, quelle che accusavano chi paventava la rinascita del fascismo di avere un atteggiamento politicamente poco corretto e di non volere la “pacificazione” del Paese, tacciono. Tardi. Che si fosse visto giusto lo dimostrano anche questa volta le organizzazioni dell’estrema destra che vogliono dar vita a contro manifestazioni per il 25 Aprile: fiutano l’aria e hanno capito che il clima politico sta diventando per loro sempre più favorevole. Dobbiamo credere a loro o alle anime belle?

Dunque ci risiamo e assisteremo all’ennesimo penoso spettacolo di chi partecipa alle celebrazioni della Resistenza per mero opportunismo e di chi per la stessa ragione non vi parteciperà, tutti pronti a dichiarare qualcosa nel disperato tentativo di inserirsi nel filone del “politicamente corretto”, uno dei più diffusi sinonimi di “ipocrisia”. A partire dall’unità d’Italia si è cercato con più o meno acume di definire gli italiani e di capire se questa parola avesse lo stesso significato guardando indistintamente gli abitanti della penisola e delle isole che la geopolitica chiama Stato italiano. La ricerca dei tratti unificanti è stata spasmodica e sempre si è dovuta fermare ai tratti peggiori, quella quali di un popolo incline a saltare sul carro del vincitore.

Oggi questo tratto poco lusinghiero è stato superato da uno nuovo: un popolo incline a saltare sul carro del padrone. L’Italia ha trovato qualcosa di più di un vincitore, qualcosa che la affascina e che la fa correre come la mosca al miele: un uomo ricco, che si è fatto da sé, poco importa come, che riesce a vendere se stesso come il futuro del Paese e che ha trovato in Bossi e nella Lega quello che a lui mancava: la fierezza della propria ignorante grossolanità. Ma il cerchio non era ancora chiuso, gli mancava il genuino fascismo, quello alla Storace, la miscela di antisemitismo e di razzismo e intolleranza per i diversi della destra più truce. Pensava che fosse naturalmente confluito nel PdL attraverso AN. Ma non è stato così. Fini, il leader di AN si è smarcato, anzi continua a smarcarsi e probabilmente tra lui e la destra più estrema il Cavaliere sceglierà quest’ultima perché è lì che lo porta il cuore e il timore di essere scavalcato a destra.

Tra le riforme della Costituzione prepariamoci a vedere cancellata persino la memoria della XII disposizione transitoria, quella che vietava la ricostituzione del Partito Fascista, e prepariamoci alla conseguente abrogazione della legge 645 del 1952, che ne era l’esplicitazione. Per quella legge la “riorganizzazione del partito fascista” vi era “quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princîpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista». Serve altro? Ma il Padrone queste sottigliezze non le ama, meno che mai ama la Costituzione.

Vorrei, per parte mia, che la sinistra, di questi tempi, non pronunciasse più la parola “perdono” e “riconciliazione” pensando alla Resistenza e al 25 Aprile. Vorrei almeno che la sinistra, senza divisioni, se proprio non ce la fa a scendere in piazza unita, quanto meno difendesse questo nostro diritto a ricordare chi vogliamo senza se e senza ma e senza perdersi in raffinate giravolte all’insegna del “politicamente corretto”. È domandare troppo?

L.B.G.



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