5 aprile 2010

LIBERTÀ DI STAMPA E FUTURO DELLA POLITICA


 

Quest’ultima campagna elettorale da parte del Pdl è stata improntata da continui attacchi al principio della libertà di stampa: vittima principale la Rai. La questione per il Pdl non è però tanto il principio stesso della libertà di stampa che, almeno a parole, nessuno nega, ma un fatto diverso ossia la questione se un organismo pubblico d’informazione possa in alcune sue trasmissioni esser più o meno violentemente antigovernativo. Berlusconi declina questo principio con una sorta di sillogismo: il servizio pubblico è pagato con i soldi dei contribuenti, la maggioranza dei contribuenti ha votato per me, la televisione pubblica pertanto non può parlar male di me e del mio governo.

Questo dice lui, lo ripetono sino alla noia i suoi più fedeli servitori ma assai più tiepidi o addirittura muti sono gli altri della maggioranza, a cominciare dalla Lega per finire agli uomini vicini a Fini. Per quanto riguarda la Rai, e non solo per questo, Berlusconi ha fatto suo il “teorema Craxi”, quello del discorso in parlamento del luglio del 92: ” se lo fanno tutti gli altri perché non dovremmo farlo noi?” Se dunque la Rai, dice lui, era occupata e condizionata dalla sinistra ora è arrivato il nostro turno. Per altro verso, questo modo di vedere – che una maggioranza abbia diritto di gestire a suo completo piacimento le cose del Paese, e quando dico cose dico tutto, dalla cultura ai comportamenti di forte implicazione morale – ci riporta all’annoso problema della dittatura della maggioranza. I padri costituenti di tutte le Costituzioni dei grandi Paesi democratici lo risolsero sia con la Costituzione stessa sia con l’adozione d’istituzioni pubbliche del tutto indipendenti dal governo, sia con la continua ricerca di un equilibrio dei poteri. Proprio quello che Berlusconi non accetta, non vuole e anzi desidera eliminare.

Per il nostro Paese tutto è più grave e non ho intenzione io qui di riaprire la questione del conflitto di interessi. Voltata la pagina indecorosa della televisione ci resta la carta stampata. L’ultimo brutto segnale è il nuovo consiglio di amministrazione del Corriere della Sera, dove ormai siedono solo gli azionisti padroni, tutti con larghissimi interessi economici nel Paese e alcuni proprietari di aziende che gestiscono servizi pubblici, come la telefonia, in regime di concessione. Insomma, salvo rarissime eccezioni, anche la carta stampata si è accomodata. Siamo però al ridicolo ormai. La cosiddetta vittoria della Lega, vista in sé e come inizio del vacillare dello strapotere berlusconiano, ci fa assistere al “riposizionamento” di molti quotidiani.

Autorevoli editorialisti riscoprono le antiche virtù leghiste e pure le analisi del voto più sofisticate somigliano sostanzialmente ad attente ricerche di un nuovo polo politico al cui servizio porsi con il maggior garbo possibile e senza svaccarsi troppo. Nessuno stupore, uno degli sport preferiti nel nostro Paese è il balzo sul carro del vincitore, magari preceduto da alcune pirolette graziose per distrarre il pubblico, e la carta stampata non è da meno nel deserto quasi totale di editori indipendenti, altro nostro male incurabile.

A questi mali – televisione e stampa conculcati o asserviti – Internet con le sue caratteristiche di libertà sarà rimedio? Forse, molto se ne dibatte e per parte mia ci credo ma a una condizione: non c’è strumento di comunicazione che serva se non ci sono i contenuti che possano utilizzarlo e sono proprio questi contenuti che in larga parte determinano il successo di penetrazione dello strumento di comunicazione. Insomma bisogna saper usare gli strumenti della libertà non pensando però che siano la libertà stessa.

 

L.B.G.



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