8 marzo 2010

LA MILANO CHE VORREI


Credo si possa dire che Milano è sempre stata un luogo ove le grandi idee si traducono in pazienti realizzazioni, non singolarmente grandiose ma capaci di costruire un grande insieme. Vorrei contribuire al dibattito con tre piccole proposte che riguardano la Milano della cultura.

Prima proposta: i collegi universitari. Sono i luoghi dove vivono centinaia di studenti lontani dalla famiglia e proprio per questo più bisognosi di vita comunitaria e più disponibili ad attivarsi per costruirsi attorno un ambiente culturalmente stimolante. Fa differenza se i collegi sono semplici residenze (dormitori) o luoghi di cultura, dove gli studenti trovano supporti (biblioteca, emeroteca) e occasioni (conferenze, dibattiti). Conosciamo il ruolo storico dei collegi di Pavia o di Oxford; ma anche il ruolo che per qualche decennio del Novecento hanno giocato i collegi della Cattolica a Milano, ove la generazione di Romano Prodi e Tiziano Treu si è formata in un clima di studio e discussione appassionati. C’è oggi un esempio interessante: il Collegio di Milano, fondazione alimentata da donatori industriali, partecipata dalle università e istituzioni pubbliche, presieduta con forza e immaginazione da Giancarlo Lombardi. Il Collegio punta a una formazione di eccellenza per studenti delle sette università milanesi, selezionati in base al “merito” (curriculum di studi, prove attitudinali, colloqui). Ospita un centinaio di studenti, offre attività culturali aperte a studenti non residenti.

Il Collegio di Milano è considerato un gioiello non replicabile per il costo degli spazi e delle attrezzature, del personale che lo gestisce e organizza le attività. La mia proposta è di trasferire a tutte le residenze universitarie milanesi una versione semplificata del modello di collegio d’eccellenza. Ci sono aspetti facilmente trasferibili. La tecnica oggi aiuta, basta pensare, a titolo di esempio, al fatto che una grande biblioteca è meno necessaria se si dispone di un punto di accesso a internet con un abbonamento a riviste scientifiche e culturali online, che costa molto meno. L’emeroteca si costruisce con la promozione degli editori che già spendono per il “quotidiano in classe”. E così via: molto si può fare con poco e le meritorie attività che i responsabili delle varie residenze già cercano di svolgere potrebbero essere enormemente potenziate da un progetto cittadino. Il costo del programma semplificato sarebbe certamente affrontabile con la stessa tecnica del Collegio di Milano cioè il ricorso a fondi privati e pubblici attratti dalla qualità del progetto e dalla sua capacità di elevare la qualificazione dell’istruzione universitaria a Milano e l’attrazione di studenti eccellenti.

Seconda proposta: valorizzare i luoghi d’arte e di storia. È indecente che Milano tenga in coda sulla piazza di Santa Maria delle Grazie, sotto il sole di luglio o le piogge di ottobre, decine di persone che hanno percorso migliaia di chilometri per vedere il Cenacolo. Va creato un vasto e confortevole luogo di accoglienza ove si possano ammirare copie del dipinto con i meravigliosi ingrandimenti di dettaglio che sono state proiettate l’anno scorso per lo stupore dei partecipanti alle conferenze sulla storia di Milano, con pannelli didattici sulla storia e sull’arte, ma anche conferenze, un bar e un negozietto di souvenir, libri e riproduzioni. Mi pare che un progetto del genere sia in corso e spero sia adeguato (una presentazione sui mezzi d’informazione non escluso Arcipelago sarebbe benvenuta). Progetti del genere sarebbero necessari per vari monumento milanesi tra cui le chiese. Un criterio generale per il finanziamento potrebbe essere la sponsorizzazione commerciale a termine. Si consenta che un’impresa, contribuendo generosamente, appaia vistosamente nella realizzazione e possa utilizzare lo spazio così creato per qualche evento di suo interesse, per un periodo di tempo adeguato a giustificare la spesa. Poi solo una sobria scritta: quest’opera è stata realizzata grazie a…

Terza proposta: che cosa diciamo all’Expo. Ricordiamo che l’Expo arriva a Milano perchè per Milano e contro Smirne hanno votato molti paesi dei tre continenti (Africa Asia e America del Sud) ove stanno la gran parte dei poveri del mondo. Hanno votato per Milano perché Milano gli è stata presentata bene dai nostri amministratori in volonteroso pellegrinaggio. Ora Milano deve dire qualcosa sul tema “nutrire il mondo, energia per la vita”. Deve dirlo con una realizzazione architettonica esemplare e armonizzata con il tema: bene o male, se ne stanno occupando architetti e urbanisti, costruttori e associazioni d’imprese, amministrazioni pubbliche e gruppi politici. Ma dovrà dire qualcosa anche con la comunicazione d’informazioni, idee, esperienze, che prenderà la strada di pubblicazioni, mostre, conferenze. Milano deve dare un messaggio che aiuti i visitatori e, attraverso i media, il mondo a conoscere la dimensione e capire meglio l’origine delle spaventose disuguaglianze, carenze nell’alimentazione e nella disponibilità di acqua e di energia. Di queste situazioni di cui i benestanti del mondo, il miliardo su sei che sta bene, hanno di che vergognarsi, l’Expo dovrebbe dare una conoscenza migliore di quella che circola.

È la conoscenza che sta alla base delle proposte per individuare la via d’uscita. L’Expo dovrebbe offrire un’occasione per discutere le proposte che circolano, e discuterle sulla base di buoni livelli di conoscenza che ci salvino dalle trappole della sufficienza irresponsabile e della demagogia facile. Qualcuno se ne sta occupando?

Filippo Ranci



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