8 marzo 2010

DELL’ASTENSIONE


Una delle domande ricorrenti di questi giorni è: quanto peserà lo scandalo delle firme taroccate? Aumenterà l’astensione di cittadini elettori del centrodestra delusi?

La mia risposta è semplice: la questione firme non sposterà un voto. L’astensione aumenterà leggermente, a macchia di leopardo sul territorio nazionale e regionale, perché c’è una tendenza a ritenere “noiosa” la politica e indifferenti i due schieramenti inoltre le elezioni regionali si situano come gradimento dopo le politiche e le comunali quasi alla pari con le europee cioè delle elezioni meno “sentite”.

La questione firme non incide perché confermerà, negli elettori decisi a votare centro sinistra, che Berlusconi è un mascalzone; negli elettori decisi a votare cd che i comunisti vogliono vincere per via giudiziaria. Gli altri, indecisi o indifferenti si sono abituati a vedere ben altro, difficile pensare che possano ritenere questa questione fondamentale, nell’orientare la loro scelta di voto. L’astensione aumenterà leggermente perché le elezioni regionali lombarde sono vissute con scarso patos; si da per scontata la vittoria di Formigoni che è si potente ma non scalda i cuori; mentre lo sfidante Penati è ancora lontano da una netta alterità rispetto a Formigoni, capace di convincere gli indifferenti e i delusi. Si tratta di un’astensione da noia più che di un’astensione scelta, un’astensione da “perché perdere un week end di sole?” piuttosto che una scelta politica che semmai va ricercata nelle schede bianche che non a caso nelle ultime competizioni tendono a diminuire.

Vediamo il rapporto tra elettori e votanti negli anni, a Milano città, premesso che con il Dpr n. 534/1993 l’obbligo del voto è stato abolito.

 

 

1970 95% amministrative

1980 88,5% amministrative

1990 84,8% regionali

1992 87,7% camera

1993 78,2% comunali

1994 88,8% camera

1994 71% europee

1995 76 % regionali

1996 85,6 % camera

1997 71,9 % comunali

1999 64,9 % europee

2000 68,9 % regionali

2001 82 % comunali

2001 82,4% camera

2004 67,2 % europee

2005 67,7% regionali

2006 67,5% comunali

2008 80,7% camera

2009 64,8% europee

 

 

Come si può vedere esistono delle costanti: il voto europeo è il meno sentito, il voto politico il più sentito. Tra regionali e politiche vi sono più di 10 punti di differenza. Le comunali sono le elezioni che presentano una maggiore variazione di partecipazione tra un’elezione e l’altra, dipendendo la partecipazione dalla capacità dei concorrenti di attrarre al voto gli indifferenti.

I diversi sistemi elettorali poi facilitano o ostacolano la maggiore partecipazione, ad esempio il voto disgiunto, abbassa drasticamente il numero di elettori alle liste. Mentre, contrariamente poi a quello che si pensa, il proliferare delle liste e dei candidati, così come il proliferare di liste civiche non incide significativamente sulla partecipazione al voto. Le elezioni provinciali essendo a doppio turno sono meno comparabili, diciamo che al primo turno si situano leggermente sopra le regionali.

A livello Lombardia il quadro cambia, nel senso che la partecipazione al voto è più alta, ma segue le stesse logiche:

  • votanti regionali 2005 73% (ricordo che votanti non significa voti validi perché occorre scorporare 300000 voti non validi di cui 81000 bianche su un totale di 5573000 elettori.)
  • votanti regionali 2000 75,59% (con 361000 nulle di cui 100000 bianche)
  • votanti regionali 1995 84,24 (con un record assoluto di 1030000 schede nulle e 214000 bianche).

Va sempre ricordato che la percentuale di votanti è parametrata sul voto al presidente regionale; ma gli elettori che scelsero tra Formigoni e Sarfatti non votando i partiti sono stati circa 900000 di cui a Milano città 161000, mentre tra Ferrante e Moratti i voti solo al sindaco furono 70000. Le differenze tra provincie (relativamente ai votanti) sono significative solo per quello che riguarda Milano e Sondrio: BG 74,5%, Bs 75%, Co 72%, Cr 75%, MN 74%, Mi 71%, PV 74%, SO 64%, Va 71%, Lodi 75%, Monza 75%, Lecco 75% (dati regionali 2005). All’interno delle provincie tra città e comuni più piccoli si registra in genere una lieve minor partecipazione cittadina ma con dati non paragonabili a quelli della città di Milano che rispetto al dato regionale sta sotto del 6% e del 4% rispetto al dato della sua provincia (Milano compresa).

Stabilito che la tendenza all’astensione è in aumento, che l’aumento è maggiore nelle aree urbane e senza grandi variazioni tra giovani e anziani (il che significa che i giovani, presumibilmente più sani, sono meno attratti al voto degli anziani che avrebbero qualche ragione fisica in più per non votare), resta da rispondere all’interrogativo che da sempre ci si pone: l’astensione è più di destra o di sinistra?

La mia risposta è semplice: l’astensione non incide minimamente sull’elettorato di appartenenza. Certo vi sono scelte politiche di non voto (leggetevi le e-mail di Giovanni Colombo ad esempio) ma sono casi percentualmente trascurabili. L’astensione incide sull’elettorato d’opinione e tra questi sull’elettorato più politicamente colto. Quindi incide maggiormente sullo sfidante che su chi governa, indipendentemente dal fatto che sia di cd o di centro sinistra.

Nel caso della Lombardia evidentemente il mondo dei non votanti dovrebbe essere l’obbiettivo principale di Penati. Si tratta peraltro dell’elettorato più difficile da raggiungere e per il quale non bastano qualche manifesto e le dichiarazioni stampa. Considerate infatti che tutti i candidati di tutte le liste, assatanati dalla ricerca di preferenza, a tutto si dedicano tranne che ai non votanti. A Milano spostare anche piccoli segmenti di non votanti, irrilevante nel quadro regionale, può essere determinante per prepararsi a vincere le elezioni comunali. Ma questa è un’altra storia.

Walter Marossi

 



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