15 febbraio 2010

MILANO. A CHI DOBBIAMO PRESENTARE IL CONTO?


La saggezza cinese dice che quando arriva la piena bisogna piegarsi come una canna, quando la piena è passata ci si raddrizza. Qui ormai non ci si può più raddrizzare, la piena degli scandali, le rivolte degli immigrati, il PM10, la distruzione sistematica della scuola, lo spreco del denaro pubblico non sono più una piena destinata a passare ma lo stato permanente di un Paese che rischia di non poter più rialzare la testa o, ancor peggio, di non aver più voglia di rialzarla. Dobbiamo fare come suggerì nel “lontano”2002 Saverio Borrelli, il procuratore generale della Repubblica di Milano: «Resistere, resistere, resistere.». Ma anche chiedere conto a chi ci amministra di quel che è successo.

Forse abbiamo scampato il pericolo Bertolaso come commissario all’Expo, come dire non siamo passati dalla padella alla brace, ma l’affare Pennisi è tutto nostro. Della vicenda si è detto molto quanto a cronaca dei fatti, degli antefatti, della trasversalità e delle dichiarazioni al limite della schizofrenia, in particolare da parte del sindaco Letizia Moratti. Eppure bisognerebbe indagare sulle origini del male. Invocare leggi più severe può essere utile ma farle osservare è altra cosa; non possiamo né dobbiamo trasformarci in uno stato di polizia con tutte le deviazioni possibili che abbiamo conosciuto: il controllo sulle persone ha dei limiti e, quand’anche lo si mettesse in atto, finiremmo a ridurci alla videosorveglianza che tanto piace a chi la vuole per gli altri ma non per sé. Più efficace è certo individuare un meccanismo di scelta del personale politico che sia all’opposto di quello attuale.

Quello che tutti ormai abbiamo capito è che il Partito della Libertà ha raccolto attorno a sé i cascami o il peggio della distruzione dei partiti distrutti da Tangentopoli e quand’anche non fossero cascami, ha radunato una truppa che ha visto in quel “partito immagine” la porta più facile non per entrare in politica, desiderio legittimo, ma per arrivare a posti di Governo e sottogoverno. In molti ci sono riusciti perché Forza Italia, come la Legione Straniera, non ha guardato in faccia nessuno. Eccoci dunque alla peggior classe politica dalla Liberazione ad oggi. La destra è messa male ma anche la sinistra non scherza. Per la sinistra il male non è tanto una truppa raccogliticcia ma i vizi della casta: la bibliografia al riguardo è ricca. Non ripetiamoci. Ma non facciamoci nemmeno prendere in giro perché quando sentiamo il duo Gelmini-Brunetta parlare di meritocrazia il minimo che si debba rispondere è un banale richiamo alla parabola della pagliuzza nell’occhio.

Qualcuno se lo ricorda Roger Abravanel, autore un paio di anni orsono del libro “Meritocrazia”, nel quale inneggiava a questo criterio per la scelta degli uomini chiamati a posti di responsabilità? Ora è il guru del ministro Gelmini, il convitato d’obbligo delle associazioni imprenditoriali, il severo fustigatore della Casta dei docenti universitari e titolare di un Blog sulla meritocrazia del Corriere della sera .Bene. Dunque i vertici della classe politica che ci governa guardino verso la base della loro piramide e facciano loro il vecchio adagio: «la carità comincia in casa» e si rileggano il libro di Abravanel. Ma forse per loro il merito sta nella fedeltà cieca e ottusa al capo e dunque non ci capiremo mai.

Come la destra possa o voglia venirne fuori sono affari loro ma per la sinistra che ci chiede il voto una terapia c’è: aprirsi realmente al Paese e aver il coraggio di affrontare delle primarie vere senza trucchi, senza reticenze, senza tatticismi, aperte a tutti e non solo per i candidati di vertice (presidenti o sindaci) ma per tutta la lista, mettendo a disposizione degli elettori una scheda per ciascun candidato che ne illustri le competenze e le passate esperienze politiche e professionali. Ma di questo ne riparleremo.

L.B.G.



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