12 ottobre 2009

PIAZZA PIEMONTE. L’ULTIMO SCEMPIO


L’orrore che è comparso inaspettatamente in piazza Piemonte fa nascere due ordini di considerazioni: la prima si riferisce ai dubbi criteri con cui l’Assessore all’arredo urbano valuta gli interventi edilizi che gli vengono via via sottoposti; la seconda riguarda il deplorevole disinteresse, sia da parte degli amministratori pubblici sia da parte dei cittadini privati, per quell’entità spaziale, di fondamentale importanza urbanistica, che è la piazza.

In piazza Piemonte è spuntato, come un fungo velenoso dal sottobosco di una foresta, un rozzo gabbiotto di cemento; un volume ingombrante di aspetto triste e banale; una specie di casamatta militare o di piccolo deposito industriale, privo di dignità e di decoro. Consiste in una copertura piana di cemento e in quattro muri intonacati che servono ad accogliere l’ascensore e la scala di sicurezza di un sottostante parcheggio interrato.

Forte perplessità suscitano le dimensioni dell’incongrua costruzione: lunga circa venti metri, larga dieci e alta quasi due piani fuori terra. Ci si domanda perplessi perché debba essere così grande, ingombrante, voluminosa. Tutti sanno che per uscire a piedi da un parcheggio sotterraneo sono sufficienti la torretta di arrivo dell’ascensore e la scala antincendio; la quale, essendo posta interamente sotto la quota stradale, può restare nascosta e invisibile. E allora perché elevare un volume così ingombrante, così inutile, così brutto?

Un’ulteriore perplessità nasce dall’aspetto scialbo e insignificante della costruzione; la quale sorge nel centro di un’importante piazza milanese; è sotto gli occhi di centinaia di persone che quotidianamente lo attraversano; non si trova in posizione defilata e nascosta ma è perfettamente visibile da tutti i passanti. Come mai non si è sentito il bisogno, anzi il piacere, o meglio il dovere di realizzare un’opera elegante, accurata, gradevole? Come mai non vi è stato l’impegno di rispettare il buon gusto della popolazione e di rispondere alle sue legittime aspettative estetiche?

All’inizio del secolo scorso nel centro delle piazze urbane si usavano erigere gradevoli chioschi ornamentali realizzati in ferro battuto o in ghisa fusa. Spesso sotto di loro si esibivano bande musicali o si offrivano gelati e bibite. Erano opere di arredo urbano disegnate con cura, con abilità artigiana, con la consapevolezza di offrire al popolo un bell’oggetto, da apprezzare e usare con piacere.

In molte città asiatiche ancora oggi agli incroci stradali si vedono eleganti e leggeri padiglioni risalenti ad epoche precedenti, coperti da cupole orientali, e destinati alla protezione e copertura di pubbliche fontane.

Il sentimento del decoro urbano, ben presente negli artisti di una volta, oggi è dimenticato, ignorato, disprezzato.

Lo dimostrano, oltre all’orrore di piazza Piemonte, alcuni deplorevoli esempi milanesi comparsi di recente.

In via Mascagni le uscite del parcheggio sotterraneo sembrano goffi e sgraziati scatoloni in metallo e vetro. Dislocati sul marciapiede in posizione sbagliata, perché di ostacolo al transito dei pedoni, denotano la frettolosità e l’incuria di chi li ha progettati e autorizzati.

In Piazzetta Borromeo il sagrato della piccola chiesa è stato letteralmente messo sottosopra per costruire la copertura di un parcheggio sotterraneo alta quasi due metri sopra il livello stradale. Un luogo storico di Milano, accogliente e tranquillo, è stato distrutto ed è diventato un carosello di auto in entrata ed uscita. La sporgenza della copertura nasconde la metà inferiore della piccola chiesa e altera tutte le visuali della piazzetta.

Nella piccola piazza San Sepolcro fortunatamente la situazione è meno disperata perché ancora rimediabile. La piazzetta è circondata da vecchi palazzi e chiusa a nord dalla facciata della chiesa medioevale: sarebbe un luogo di sosta, di svago, di riposo; un punto di ritrovo pedonale a uso dei passanti e dei residenti. In realtà, poichè un fitto parcheggio occupa ogni angolo dello slargo, questo piccolo tesoro urbanistico è degradato dalle molte automobili che, come tanti scarafaggi metallici, lo occupano per intero.

E’ questa infine l’occasione per ricordare lo scempio che minaccia piazza Sant’Ambrogio, e lo sfregio che sta per subire la Darsena insieme alla piazza e l’arco di Porta Ticinese.

L’energumeno edilizio sorto in piazza Piemonte suggerisce una seconda considerazione, quella relativa al concetto urbanistico di piazza, cioè di slargo cittadino destinato ad accogliere riunioni, incontri, manifestazioni pubbliche. La piazza è uno spazio circoscritto da costruzioni, chiuso da fondali, ricco di visioni prospettiche e raggiunto dagli sbocchi di più strade. E’ uno spazio accuratamente pensato e dettagliatamente configurato.

 

Anche Piazza Piemonte, pur non essendo una piazza di grande rilievo, presenta un notevole impianto urbanistico e si arricchisce di architetture non insignificanti.

Il disegno urbanistico viene intuito e letto con chiarezza sia nel lato sud della piazza, dove convergono a forma di tridente tre grandi viali alberati; sia nel lato nord, da dove parte, in asse con il tridente, un ampio viale alberato che inquadra sullo sfondo e mette in risalto il noto monumento a Giuseppe Verdi.

Nella piazza esempi di architetture non insignificanti possono considerarsi sia i due alti e simmetrici edifici posti ai vertici del tridente e conclusi da una curiosa copertura a cupola; sia l’eclettica facciata del Teatro Nazionale. Tanto gli edifici quanto il teatro sono oggi parzialmente nascosti dallo sporgente e invadente gabbiotto di cemento che accoglie l’uscita del nuovo parcheggio.

E’ da tale rozza costruzione che il disegno urbanistico della piazza è gravemente compromesso e la monumentale presenza degli edifici irrimediabilmente snaturata.

E’ questo il modo di rispettare la nostra città?

 

Jacopo Gardella



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